Insegnanti di sostegno

Sentenza Corte Costituzionale

Sulla riduzione, spesso drastica, delle ore di sostegno agli alunni con disabilità si registrano da tempo numerosi contenziosi presso i tribunali di tutta Italia, con esiti favorevoli alle famiglie ricorrenti. Ma la Sentenza della Corte Costituzionale n. 80, depositata il 26 febbraio 2010, rappresenta una svolta decisa di cui il Ministero della Pubblica Istruzione non potrà non tenere conto.
Secondo la Corte sono illegittime – sotto il profilo costituzionale – le norme che fissano un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e che vietano di assumerne in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave e cioè la Legge 244/2007, articolo 2, commi 413 e 414): questo il dispositivo della Sentenza.
I dubbi di Costituzionalità, ora riconosciuti come fondati, sono stati sollevati dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana all’interno di un procedimento che vedeva contrapposti il Ministero della Pubblica Istruzione e i genitori di una bambina con grave disabilità. A quest’ultima, in forza delle vigenti disposizioni, erano state ridotte le ore di sostegno di cui necessitava. Un caso simile a moltissimi altri.

Gli insegnanti di sostegno
La Legge Finanziaria per il 2008 (Legge 244/2007, articolo 2, commi 413 e 414), infatti, è intervenuta modificando la precedente normativa che prevedeva esplicitamente deroghe nell’assegnazione degli insegnati di sostegno nei casi di alunni con disabilità particolarmente gravi.
A poco è servita l’incidentale precisazione che i «criteri e modalità devono essere definiti con riferimento alle effettive esigenze rilevate, assicurando lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili».
E ancora meno erano servite le ambigue indicazioni del Decreto del Ministero della Pubblica Istruzione del 24 aprile 2008 che all’articolo 9, affermava: «per l’anno scolastico 2008/09 il numero dei posti di sostegno complessivamente attivabili in ciascuna regione (…) tende a realizzare al livello regionale il graduale raggiungimento del rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili».
Di fatto si è assistito ad un taglio deciso e generalizzato dei posti di sostegno in tutta Italia.
Attualmente le ore di sostegno vengono attribuite sulla base dei Piani Educativi Individualizzati (PEI), cioè uno strumento di programmazione della vita scolastica degli alunni con disabilità, o comunque in base alla presenza di alunni con handicap.
Il PEI è anche uno strumento che evidenzia le necessità di integrazione, le risorse necessarie, fra cui – appunto – le ore di sostegno, e impone delle responsabilità.
Ovviamente se queste necessità sono condizionate da limiti di bilancio o da altri vincoli normativi, decade il principio stesso del diritto allo studio costituzionalmente garantito.
Ma si tratta anche di un principio ribadito dalla normativa speciale (Legge quadro sull’handicap 104/1992) e da Convenzioni internazionali, non ultima la Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia.

Le motivazioni
Nel motivare la Sentenza di illegittimità la Corte è piuttosto circostanziata e decisa.
La Corte sottolinea che i disabili non costituiscono un gruppo omogeneo. Vi sono, infatti, «forme diverse di disabilità: alcune hanno carattere lieve ed altre gravi. Per ognuna di esse è necessario, pertanto, individuare meccanismi di rimozione degli ostacoli che tengano conto della tipologia di handicap da cui risulti essere affetta in concreto una persona».
E prosegue: «ciascun disabile è coinvolto in un processo di riabilitazione finalizzato ad un suo completo inserimento nella società; processo all’interno del quale l’istruzione e l’integrazione scolastica rivestono un ruolo di primo piano». Un’indicazione che oltre che di diritto, è anche di metodo.
La Corte ricorda che, sotto il profilo normativo, il diritto all’istruzione dei disabili è oggetto di specifica tutela da parte sia dell’ordinamento interno che internazionale, e richiama espressamente la recente Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, entrata in vigore sul piano internazionale il 3 maggio 2008 e ratificata e resa esecutiva dall’Italia con Legge 3 marzo 2009, n. 18.
All’articolo 24 la Convenzione statuisce che gli Stati Parti «riconoscono il diritto delle persone con disabilità all’istruzione» che deve essere garantito, anche attraverso la predisposizione di accomodamenti ragionevoli, al fine di «andare incontro alle esigenze individuali» del disabile.

Garanzie indefettibili
Anche la nostra Costituzione (articolo 38, terzo comma) stabilisce il diritto all’istruzione e alla formazione professionale delle persone con disabilità, principio poi ampiamente ripreso ed articolato dalla Legge 104/1992.
Pertanto – ribadisce la Corte – «il diritto del disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale». Come già aveva affermato nel 1987 (Sentenza 215), sottolinea che «la fruizione di tale diritto è assicurata, in particolare, attraverso misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti d’istruzione».
La Consulta riconosce, sì, al Legislatore una discrezionalità nell’individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili, ma questo potere discrezionale non ha carattere assoluto e trova un limite nel rispetto di un «nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati».
E le norme impugnate hanno inciso proprio su quel “nucleo indefettibile di garanzie” quale limite invalicabile all’intervento normativo discrezionale del legislatore.
La scelta operata da quest’ultimo, secondo la Corte, in particolare quella di sopprimere la riserva che consentiva di assumere insegnanti di sostegno a tempo determinato, non trova alcuna giustificazione nel nostro ordinamento, posto che quella riserva costituisce uno degli strumenti attraverso i quali è reso effettivo il diritto fondamentale all’istruzione del disabile grave.
Molto decisa la conclusione: «le disposizioni impugnate si appalesano irragionevoli e sono, pertanto, illegittime nella parte in cui, stabilendo un limite massimo invalicabile relativamente al numero delle ore di insegnamento di sostegno, comportano automaticamente l’impossibilità di avvalersi, in deroga al rapporto tra studenti e docenti stabilito dalla normativa statale, di insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave il miglioramento della sua situazione nell’ambito sociale e scolastico».

E adesso?
La Sentenza è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, I Serie Speciale, n. 9 del 3 marzo 2010, quindi è efficace a tutti gli effetti. Ora è prevedibile qualche mossa “riparatoria” del Ministero (e del Governo) che è difficile prevedere. È possibile che il Ministero riveda il proprio Decreto 24 aprile 2008 ridefinendo i criteri di assegnazione degli insegnanti di sostegno in modo più elastico. È anche possibile, e questo è più preoccupante ma più facilmente contestabile, che il Ministero opponga il vincolo che il Governo ha fissato per il contenimento della spesa pubblica e che sta investendo praticamente tutte le Amministrazioni Pubbliche.
Nel frattempo, i processi attualmente intentati dalle famiglie per la riduzione delle ore di sostegno potranno contare su uno svolgimento più “favorevole”.
Infine, le famiglie di alunni con disabilità, in particolare se derivante da handicap grave, dovranno prestare maggiore attenzione nella redazione dei Piani Educativi Individualizzati: da questi deve risultare con chiarezza il numero di ore di sostegno necessarie. Questo è particolarmente utile sia per le comunicazione che i dirigenti scolastici devono inviare agli Uffici scolastici regionali, tramite gli Uffici provinciali, per la definizione degli organici, sia per le eventuali azioni presso il TAR in caso di non assegnazione delle ore di sostegno previste dai PEI.
Senza dubbio vi sarà un disorientamento degli Uffici scolastici regionali a cui è restituita – di fatto – la possibilità (se non addirittura l’obbligo) di applicare deroghe.
Ma che faranno ora i responsabili degli Uffici scolastici regionali di fronte a richieste superiori all’organico che il Ministero ha loro assegnato? Se si adeguano alle indicazioni del Ministero, vanno contro la decisione della Corte Costituzionale, pertanto l’unica via d’uscita sarà di richiedere al Ministero un’assegnazione supplementare.
Prossimamente vedremo quali saranno le mosse del Ministero, dopo che negli ultimi mesi si è rivelato un vero “muro di gomma” contro cui si sono infranti appelli, richieste, interrogazioni, ma anche decine (forse centinaia) di sentenze in cui il Dicastero risultava soccombente proprio per la mancata assegnazione di insegnanti di sostegno.
(dal sito handylex.org)

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